Un agronomo d'inizio Novecento sul grano monococco

Mietitrice anno 1904
Nel 1904 Marco Marro, agronomo originario di Limone Piemonte, insegnava al Regio Istituto Tecnico e alla Regia Scuola degl'Ingegneri di Roma. Quell'anno egli volle coronare la sua decennale carriera di insegnante dando alle stampe per la casa editrice Paravia il secondo volume del suo Corso Generale di Agronomia, dal titolo Coltivazione delle Piante Erbacee.
Dalle note introduttive del volume estrapoliamo questa frase, che ci sembra particolarmente significativa: 

"L'Italia sarà ricca e potente quando diverrà prospera la sua agricoltura" 

Sfrondando la retorica un tantino altisonante ma caratteristica dell'epoca, la frase rimane attuale nell'esprimere l'auspicio - tuttora da conseguire - che vengano valorizzati il settore primario e la cruciale questione della produzione di cibo per una nazione. Una questione che nel nostro XXI secolo si rivela ancora di assoluta attualità.

Spigolando il volume del prof. Marro, alla pagina 217 troviamo la sua esposizione sul grano monococco. La riportiamo integralmente perchè ha molto incoraggiato la nostra scelta nei riguardi di questa coltura agli albori della nostra attività agricola.

"Triticum monococcum. Si distingue per avere ordinariamente un sol seme per ogni spichetta. La spica è molto compressa e aristata. Tallisce abbondantemente, è pochissimo soggetto alle malattie, il fogliame è di un verde vivo. Non dà che prodotti molto piccoli.

Una volta era molto più coltivato di ora. Gli antichi scrittori latini lo citano sovente, ma attualmente la sua coltivazione in Italia è limitata a qualche alta valle dell'Appennino. Anche negli altri paesi d'Europa essa ha poca importanza e si mantiene soltanto in alcune ristrette parti di regioni montuose e poco fertili, come il centro della Francia, la Lorena, il Giura, la valle del Reno, la Svizzera, la Svevia, la Franconia, l'Ungheria e la Russia. 

La causa principale che ha fatto restringere la coltivazione di questo cereale sta nella difficoltà della macinazione, perché prima di ridurlo in farina bisogna farlo passare sotto macine speciali per liberare i chicchi dagl'involucri che li coprono. In compenso ha sul frumento parecchi vantaggi, che si possono riassumere nei seguenti:

  • Ha maggior forza di assimilazione, quindi può prosperare su terreni più poveri e più aridi.
  • Teme meno la siccità e può coltivarsi su terreni leggeri e sabbiosi, ove il frumento non farebbe buona riuscita.
  • Resiste di più ai rigori degl'inverni rigidi, è più robusto, quindi conviene più del frumento ai paesi molto freddi.
  • Tallisce molto, si può seminare più rado e può servire a formare dei buoni erbai.
  • Non alletta ed è pochissimo soggetto alle malattie.
  • Dà una farina fina e bianca, con la quale si può fare del pane bellissimo. In Germania e nella Svizzera i pasticceri la preferiscono a quella di qualsiasi altro cereale."