"L'Italia sarà ricca e potente quando diverrà prospera la sua agricoltura"
Sfrondando la retorica un tantino altisonante caratteristica dell'epoca, la frase rimane attuale nell'esprimere l'auspicio - tuttora da conseguire - che vengano valorizzati il settore primario e la cruciale questione della produzione di buon cibo per una nazione.
Alla pagina 217 del volume il prof. Marro così descrive il Triticum monococcum:
"Si distingue per avere ordinariamente un sol seme per ogni spichetta. La spica è molto compressa e aristata. Tallisce abbondantemente, è pochissimo soggetto alle malattie, il fogliame è di un verde vivo. Non dà che prodotti molto piccoli.
Una volta era molto più coltivato di ora. Gli antichi scrittori latini lo citano sovente, ma attualmente la sua coltivazione in Italia è limitata a qualche alta valle dell'Appennino. Anche negli altri paesi d'Europa essa ha poca importanza e si mantiene soltanto in alcune ristrette parti di regioni montuose e poco fertili, come il centro della Francia, la Lorena, il Giura, la valle del Reno, la Svizzera, la Svevia, la Franconia, l'Ungheria e la Russia.
La causa principale che ha fatto restringere la coltivazione di questo cereale sta nella difficoltà della macinazione, perché prima di ridurlo in farina bisogna farlo passare sotto macine speciali per liberare i chicchi dagl'involucri che li coprono. In compenso ha sul frumento parecchi vantaggi, che si possono riassumere nei seguenti: